Premetto che di salute mentale non capisco nulla di nulla.

Non sono mai stata da uno bravo, o una brava, anche se ho tanti amici che ci vanno, e penso facciano bene. Non perché creda di non averne bisogno, ma banalmente non ho tempo nemmeno per pensarci. La mia vita va sempre talmente veloce che i momenti che posso dedicare alla salute sono davvero pochi, e mi limito all’essenziale: esami del sangue, mammografia e poco altro.

Con la massima umiltà possibile, vorrei parlare di quello che mi fa stare bene, nel corpo e nella mente. L’ho imparato sulla mia pelle, per tentativi - e molti errori, e l’unica cosa su cui posso esprimermi con cognizione di causa sono i miei quasi 48 anni di esperienza come essere umano.

La mia personale ricetta per la (ricerca della) Felicità è molto semplice, ed è fatta di tre cose:
1. Natura
2. Amici
3. Avventura

Forse avete già sentito parlare del 3 days effect. Dopo tre giorni di immersione totale nella natura il nostro cervello inizia a funzionare in modo differente, siamo in grado di risolvere i problemi in maniera più creativa.

Io credo sia dovuto al fatto che, quando rimaniamo abbastanza a lungo a contatto con l’ambiente naturale, iniziamo a “ragionare” con tutti i sensi.

Pensateci: quanto usate l’olfatto, o il tatto, nella vita di tutti i giorni? Siamo fatti all’80% di vista, un 10% di udito e ci dimentichiamo quanto è meraviglioso toccare, annusare, sentire sulla pelle il mondo che ci sta intorno.

Io non riesco a stare un solo giorno senza circondarmi, anche solo per poco tempo, di natura. Cosa estremamente difficile dal momento che vivo a Milano, ma per mia fortuna lontano dal centro della città, e mi basta mezz’ora di bici per raggiungere un bosco. Appena vedo i primi alberi inizio a sorridere, e aumento il ritmo. Cerco i sentierini sterrati e fangosi, gli argini dei canali, la vista di un airone o di un leprotto e il mio cuore esulta, finalmente posso respirare a fondo, la mente si calma.

Figuratevi dopo 3 giorni e più… benessere assoluto.

Passiamo agli amici. Quelli veri, che si contano sulle dita di una mano. Che ascoltano tutto senza giudicare, che ti aiutano a relativizzare, che ridono con te dei tuoi difetti, che ti danno il consiglio che tu non hai il coraggio di darti. Benedetti amici, senza di voi sarei persa.

E per finire, Avventura.

Per me significa due cose: allontanarsi da casa e programmare poco. Può essere una sola giornata di vagabondaggio per le montagne, ma il meglio viene quando riesco a mettere in fila diversi giorni, magari settimane.

Che sollievo non avere programmi, scadenze, orari, obiettivi. Lasciarsi trasportare da quello che succede. Se durante un viaggio un posto mi piace, mi dà buona energia, posso anche fermarmici per giorni e mandare all’aria l’intero programma.

Ma c’è dell’altro, ed è il ritorno all’essenziale. Quando passi settimane vivendo in tenda, o in un van, o in giro a piedi con lo zaino, non è che ti puoi portare appresso tanti oggetti. Ed è meraviglioso. Capire che hai bisogno di pochissime cose, che tutto quello che possiedi a casa non ti manca per nulla. E chissenefrega se metti la stessa t-shirt giorno e notte e ti sei sciacquata nel fiume, se stai bene la tua pelle ha un odore diverso, buono e sano (lo stress invece puzza da morire).

Quando devi pensare alle necessità di base (dove dormi - cosa mangi) la mente non ha tempo di baloccarsi con i suoi tarli. Quando per procurarti cibo o riparo devi adattarti a qualsiasi situazione, scopri dentro di te un nucleo caldo e confortante che ti basta, e non hai bisogno d’altro.

La semplicità è un lusso sublime che non ci possiamo permettere nella vita di città, nella famosa “zona di comfort”. Non so nemmeno perché l’hanno chiamata così, perché è tutto tranne che confortevole per me.

Ecco, solo a scrivere tutto questo mi viene voglia di buttare due robe nello zaino, e partire.